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La poesia mi è venuta addosso. Non è stata non è una scelta. È il mio verbo essere sentire vivere sfondandomi nell’umiltà. Umiltà come consapevolezza responsabile della propria misura infinitesima rispetto al creato, in uno stato esistenziale sociale ecologico necessariamente interconnesso al tutto tutti. Accolgo l’eredità del canto, nella gioia di condividerlo: una consegna artistica spirituale politica.
Ha senso riflettere su ciò che nominiamo “piazza”: significare questo luogo fulcrale da un punto di vista sociale, culturale, architettonico, storico, artistico, urbanistico, politico, antropologico. L’urgenza drammatica di questa necessaria attenzione sui luoghi cardiaci della città, le piazze appunto, è imposta da una polverizzazione in atto delle composizioni aggreganti e aggregate nella polis, da una costante devitalizzazione della relazione fisica tra le persone, compensata da una invasiva, compulsiva e frenetica comunicazione virtuale. Non solo.
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