Io credo nella forza della parola perché la sua nascita e la sua esposizione esigono non solo un difficilissimo processo di nominazione e di consapevolezza, ma anche di fiducia nel tu: in chi andrà a depositarsi, a lievitarsi.
Io credo in un’intelligenza umana in grado di sostenere e attraversare l’immediatezza semplificativa della violenza per proporre concretamente un ponte umano, cioè politico, sociale, culturale, esistenziale di comunanza, di cooperazione.
Nella cooperazione esiste plasticamente la mediazione.
Io credo nello sforzo orientativo verso la sopravvivenza che ci impegna incessantemente di lavorare contro le dinamiche, quotidiane, anche proprie, votate alla guerra, alla morte reale delle relazioni e delle vite altrui.
Ecco perché è incastonato nel mio corpo il verso di Capitini
La mia nascita è quando dico un tu
Ho iniziato queste frasi con il primo pronome personale io, non per atto di autoreferenzialità , ma per deviare da qualunque generalizzazione così tanto corrente ai nostri giorni, soprattutto per incidere assertivamente la mia responsabilità diffusa nel mio pensiero, nella mia prassi, nella mia poesia. E nella scelta di ciò che porto qui a CartaVetro, ora come in altre occasioni.
Ricevo dal carissimo Lino Angiuli un calendario vocato alla pace, compiuto con le opere di Nicola Genco, edito da Quorum Edizioni, dal titolo duemilaventicinque, un altro anno. Oltre la penna preziosa di Angiuli, l’opera ospita testi tratti da Spinoza, Peppino Angiuli e Iuccia Santacroce, Serafino di Sarov, Marie von Ebner Eschenbach, Nelson Mandela, William Hazlitt, Chuang- Tzu, Mario Rigoni Stern, Meister Eckhart, Paulo Coelho, Martin Luther Ling.
Il gesto cartaceo entra artisticamente nel nostro quotidiano futuro chiamandoci.
Lascia un commento