Fonte www.vidas.it

Per anni ho atteso che venisse fatta una legge sul fine vita perché negli ospedali, negli hospice, nelle strutture protette e a casa, sono state migliaia le persone che hanno affrontato con grande sofferenza malattie inguaribili. A queste persone non è stato permesso, quando erano in grado di intendere e volere e in totale libertà di scelta, di esprimere il consenso o il rifiuto rispetto ai trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali, attraverso un apposito dispositivo legale. Oggi La Legge n. 219 sulle “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), lo permette. Questa norma è il prodotto di un percorso iniziato negli anni ottanta, che intreccia questioni sanitarie ma anche posizioni valoriali, rispetto alla tutela del diritto alla salute e ai modi attraverso i quali essa può esprimersi e realizzarsi. Se diverse possono essere le valutazioni su come la legge affronta temi cruciali quali: la salute, la cura, la dignità e il rispetto della persona, la legge sul fine vita, costituisce il riconoscimento della capacità e del bisogno basilare di ogni persona di esprimere un proprio progetto di esistenza, in qualunque fase della sua vita, anche e soprattutto, quando si trova in una condizione di estrema fragilità. Le DAT sono redatte dal cittadino in piena autonomia e depositate presso il Comune di residenza. KKKK Queste disposizioni sono una libera scelta del cittadino che le può fare, modificare o ritirare in qualsiasi momento. Ho deciso più di 10 anni fa, di fare una scelta quando non c’era ancora la legge, e nonostante questo vuoto, alcuni amministratori sensibili ai temi civili, avevano iniziato a raccogliere e registrare le DAT. L’ho fatto perché mi voglio bene e non vorrei soffrire oltre misura quando la medicina scientifica non ha più nulla da proporre e non vi è più speranza di guarigione. L’ho fatto con lucidità, nel pieno delle mie capacità, perché questo diritto non va esercitato nella situazione di paura, bisogno, disperazione o difficoltà ma quando si è nel pieno delle facoltà cognitive. L’ho fatto quando ho maturato il concetto che la morte fa parte della vita, quando ho capito che la morte è il momento più importante della vita. Trovo estremamente giusto come e dove finire la mia vita. Ė stato un percorso culturale e psicologico molto lungo, difficile, ed è stata dura immaginarmi prossimo alla morte; molti dicono e sperano nel buon Dio, in un colpo secco ecc., e comunque di non essere nella condizione di riflettere su queste tematiche. La morte resta uno dei temi tabù dei nostri tempi e questa legge fatica a smuovere le coscienze. Voglio prendermi la responsabilità di prevenire il dolore sotto tutti i punti di vista. Voglio difendere la mia dignità, difendere il diritto alla dignità, chiedo il diritto di esprimere le mie emozioni, di essere sollevato dalla sofferenza, di essere considerato persona fino alla morte; Per fare questo ho scelto due fiduciari che oggi mi danno la garanzia che faranno di tutto per far rispettare la mia volontà, quando non sarò più in grado di esprimermi. Non voglio un accanimento terapeutico teso al permanere della mia agonia. Il medico deve essere il custode della mia libera scelta e non deve perpetuare una vita artificiale.

Dobbiamo essere disposti a liberarci della vita che ci hanno pianificato per poter vivere con dignità la vita che ci spetta.

Sono arrivato a questa decisione perché ho maturato la consapevolezza di essere io a decidere in piena libertà della mia fine in quanto mi sono convinto che la vita ha una soglia sotto la quale non è più vita e diventa un calvario. Di conseguenza desidero che le persone a me vicine, che mi vogliono bene, non debbano soffrire impotenti nel vedermi vivere in una condizione straziante che gli darebbe sofferenza, obbligandoli a modificare il loro stile di vita. Non voglio delegare a loro cosa fare della mia vita evitando così possibili incomprensioni o liti su scelte che non gli competono.   Non voglio inoltre che la mia casa diventi un luogo di cura con la riorganizzazione di spazi per gli assistenti/fisioterapisti, per le macchine, attrezzature, dispositivi, ecc. No, non sarebbe più “la mia casa” ma un luogo che farebbe stare male anche i famigliari costretti a vivere la mia situazione. Penso sia giusto, e voglio essere io a deciderlo, di essere inserito in un contesto sanitario dignitoso, attento alle esigenze sociosanitarie degli ospiti e di essere assistito, curato e sostenuto da professionisti perché solo chi si è specializzato ha la sapienza e gli strumenti per capire come intervenire.  Ho anche disposto che il mio medico e la struttura sanitaria si adoperino per alleviare le mie sofferenze applicando la terapia del dolore con l’erogazione delle cure palliative. Sì, voglio che il dolore venga curato perché mi sono convinto che senza dolore si vive meglio e di più in quanto le cure palliative, oltre a curare il dolore, curano anche la sofferenza morale, etica e fisica; queste sono lo strumento giusto per terminare con dignità “il viaggio”, per salutare la vita con dolcezza.  

Inoltre mi auguro che la crescente adesione e le iscrizioni al registro delle DAT – oggi è molto bassa in quanto solo lo 0,5% dei cittadini le ha redatte – rafforzi la possibilità della applicazione delle norme contenute in questa legge e che si superino quegli ostacoli interpretativi tendenti a ridurne l’efficacia. Vorrei, per esempio, che le posizioni dei medici obiettori sostenuti dai politici che hanno votato contro la legge, e che continuano a negare un diritto civile previsto dalla costituzione, avessero meno peso. Questi medici, sostengono che il loro lavoro consiste nel salvare la vita, ma non capiscono quale è il vero valore della vita.

Nella sostanza e con una battuta finale: Sei contrario all’aborto? non farlo. Sei contrario al divorzio? non farlo. Sei contrario alle unioni civili? non accoppiarti o sposarti con una persona del tuo sesso. Sei contrario all’eutanasia? Non farla. E così via. Ma vi supplico di cuore di non imporre ad altri le vostre scelte, sempre.

  1. Avatar Max bonettini
    Max bonettini

    Sono d’accordo con te Renzo: in una società civile, l’uomo deve essere istruito e libero di fare le proprie scelte.

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