È il reale, non la mappa, le cui vestigia
continuano a esistere qua e là, nei deserti che
non sono più quelli dell’Impero, ma i nostri.
Il deserto del reale.
(Jean Baudrillard, “La Precessione dei Simulacri)
“Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.” Così inizia Il Neuromante, di William Gibson, pioniere della letteratura cyberpunk: un incipit significativo, dove il naturale e l’artificiale sembrano quasi fusi insieme, in un’estetica simbiosi. Simbiosi che esprime anche una trasformazione epocale della nostra vita e dunque della realtà, che Baudrillard ha definito, in senso negativo, iperrealtà. Si tratta di un fenomeno globale e capillare: la cosiddetta RETE, tanto per fare un esempio, si dirama in tutto il pianeta, unificandolo in qualche modo, e interagendo come una sorta di sistema nervoso che fa della Terra, e dei suoi abitanti, una specie di superorganismo, per usare il termine con cui gli entomologi definiscono una colonia di formiche, o di termiti.
Tanti sono gli aspetti del mondo digitale, più o meno invasivi, come i cellulari, i PC, i navigatori satellitari, la realtà virtuale, i giochi dove un computer compete coi suoi simili o con gli umani, i robot, la strumentazione per i viaggi spaziali, eccetera. Qui il discorso verterà quasi esclusivamente sugli oggetti di uso più comune. Il naturale e l’artificiale, dunque, si mescolano insieme, si sfidano e confrontano continuamente, come due mondi simili e al tempo stesso dissimili, come il cielo e il mare quando si contendono un orizzonte.
La prima e più importante ‘sfida’, inevitabilmente, è quella tra intelligenza naturale e artificiale.
Secondo l’AI (Artificial Intelligence) FORTE, nell’autocoscienza, nel pensiero, nelle emozioni, non ci sarebbe nulla di trascendentale, essendo questi semplicemente l’espressione della complessità del sistema nervoso. La qualità dell’essere coscienti, per Daniel Dennet, deriva unicamente da un certo tipo di organizzazione funzionale, e non dal fatto che si abbia a che fare con un cervello organico piuttosto che con un hardware…In altri termini, fra le espressioni della mente e quelle del cervello elettronico non si rilevano differenze fondamentali, essendo le loro attitudini legate all’insieme dei processi fisici che si svolgono dentro di essi,
INDIPENDENTEMENTE dal materiale di cui sono costituiti. Perciò le esperienze coscienti, si identificherebbero totalmente con gli eventi portatori di informazione che si verificano al loro interno: e se al posto dei neuroni ci fossero dei collegamenti elettronici, ciò non farebbe alcuna differenza. Francisco Varela ed Umberto Maturana sono stati fra i primi a parlare della coscienza come fenomeno relazionale, e non sostanziale: ovvero come pattern ‘emergente’ dalla complessità delle costellazioni nervose. Dal che si eccepisce una sorta di monismo ‘scientifico’, che supera l’antico e cartesiano dualismo mente/corpo.
Varela parla addirittura di Io del sistema immunitario… In effetti, ad ogni secondo i nostri linfociti si scambiano miliardi di messaggi, e all’occasione agiscono tutti tempestivamente e in modo coordinato, un comportamento che non è codificato da nessuna parte, essendo per l’appunto, come l’intelligenza, un
fenomeno ‘emergente’. Stando così le cose, molti sostenitori dell’AI FORTE (e Alan Turing, padre dell’informatica, sarebbe d’accordo con loro), sono quasi certi che avremo ‘macchine’ autocoscienti entro il 2050! Per dirla in altri termini, si materializzerà quello che Gilbert Ryle ha definito, con parole famose, il fantasma nella macchina. E quali sarebbero le conseguenze? Inimmaginabili. Al momento attuale, ci sono delle reti neurali che imparano dai propri errori e che ‘studiano’ da sole, se così si può dire. Alpha Zero (sviluppato da Google DeepMind), per esempio, è una rete neurale: ovvero un computer molto evoluto, al quale è stato ‘insegnato’ esclusivamente come si muovono i vari pezzi degli scacchi, ovvero i più elementari rudimenti del gioco; ebbene, Alpha Zero ha elaborato questi dati per quattro ore, dopodiché era già in grado di battere i giocatori più forti del mondo (sue celebri partite si trovano in Internet)! Le Reti Neurali tendono a imitare il funzionamento del sistema nervoso; qui la cibernetica si interfaccia con le scienze cognitive e con altre discipline. Ma se un giorno riusciranno a simulare il cervello umano, quali saranno i risultati, anche solo
considerando la differenza enorme di velocità nell’elaborazione dei concetti?
Il supercomputer più performante al mondo in questo momento è Frontier, negli USA. Potenza: 1.102 EFlop/s. Il supercomputer americano si trova nel centro di Oak Ridge nel Tennessee.
Più di mille EXA-FLOP, è a dir poco stupefacente, se si pensa che un singolo EXA-FLOP equivale a un miliardo di miliardi di operazioni al secondo! E la stupefazione aumenta se si considera che un uomo, per contare
NORMALMENTE fino a un miliardo, impiegherebbe 150 anni!
E che dire della incredibile velocità nell’evoluzione di questa tecnologia? Secondo la legge di Moore: «La complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistor per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni)».
Per il Rinascimento si è parlato di ‘umanizzazione del divino’, per la nostra epoca si parlerà d’umanizzazione della macchina’? Comunque stiano le cose, questi concetti hanno copiosamente alimentato la fantascienza, in modi così molteplici da non poterli sinteticamente enumerare. Ricordando a caso, e per restare in argomento, si può citare il famoso ‘HAL 9000’ di “2001, ODISSEA NELLO SPAZIO”, il geniale e profetico film di Stanley Kubrick, un computer, se così si può dire, ‘umano’, analogamente agli androidi del film BLADE RUNNER, di Ridley Scott. BLADE RUNNER è tratto da un romanzo di Philip K. Dick, un autore che mette l’accento proprio sui simulacri e gli inganni della finzione sparsi nel futuro. Nel suo racconto MODELLO 2, per esempio, le finzioni (incarnate da pericolosissimi androidi) sono incapsulate l’una dentro l’altra come in una matrioska, idealmente inesauribile. Ma il concetto di finzione raggiunge l’estremo in un altro suo racconto, LE FORMICHE ELETTRICHE, i cui protagonisti a un certo punto scoprono di non esistere, di essere nient’altro che emanazioni di un computer, prima di svanire nel nulla! Si tratta di un’eventualità avanzata anche da certi filosofi: Hilary Putnam, ad esempio, indaga la possibilità di essere un ‘cervello in vasca’, cui un computer darebbe i necessari input al fine di creare l’illusione della realtà…
Un discorso a parte si dovrebbe fare sullo stile cyberpunk, un’area di più complessa e sfumata sensibilità,
§che sta alla letteratura come la quantistica alla fisica classica.
Anche qui tuttavia, si può riscontrare l’ampia gamma di modalità espressive della fantascienza: vi sono utopie e distopie, avatar, personaggi in balia di un devastante mutamento tecnologico, o di un sovraccarico di informazione, per i quali la Rete diventa spesso una sorta di Inferno o di Eldorado, a seconda dei casi.
In effetti Internet, al momento attuale, rivela una forte ambivalenza: è indiscutibilmente una miniera di cultura e informazioni, di gratificanti incontri e rapporti sociali, ma bisogna saperlo navigare. Per banalizzare, è come l’automobile: se si guida con la dovuta attenzione è utilissima, diversamente diventa un proiettile vagante. Solo per fare qualche esempio, la maggior parte dei cosiddetti ‘social media’ è aggressiva e tutt’altro che democratica, tende a omogeneizzare la cultura e a creare la mentalità del gregge: se c’è qualche voce fuori dal coro viene immediatamente ridicolizzata, demonizzata, messa mediaticamente alla gogna, quando
non addirittura minacciata fisicamente. Questo atteggiamento non è soltanto intolleranza, ma è dittatura mediatica, dogmatismo e un segno di cultura monolitica e deteriore. È stato ampiamente e scientificamente dimostrato che non c’è democrazia se si nega il dialogo e il confronto con chi la pensa diversamente, anche se si tratta di estremisti o fondamentalisti. Il cosiddetto politically correct è stato strumentalizzato, diventando una remora per la libertà di espressione. Ma oggi la realtà è questa, e quanto più cresce l’importanza di un ‘social media’, tanto più aumenta la possibilità di infiltrazioni di opinion makers al soldo di qualche Grande Fratello. Tante sono le strategie di invasione della vita quotidiana, ed è arduo coglierne tutte le implicazioni.
In un modo o nell’altro ti bombardano di informazioni che, alla lunga, hanno un effetto virale sulla mente. Per non dire della attuale ‘epidemia’ di influencer… In tal caso si possono incontrare pure persone molto valide, ma anche qui non mancano pubblicità e messaggi subliminali; senza considerare il fatto che costoro tendono a diventare modelli ed esempi di vita, inducendo nei follower un conformismo deteriore; e senza considerare che le aziende pagano gli influencer in base alle interazioni che ricevono, ovvero al numero di contatti e di like! In ogni caso l’avvento dell’informatica esprime un notevole progresso culturale e scientifico; tuttavia la nostra vita è stata trasformata e ridefinita dalla tecnologia, dando luogo a una visione del mondo estremamente problematizzata e problematizzante…Oltre al grave danno agli ecosistemi, va detto che ogni nuova invenzione tecnologica, fatta a scopo migliorativo, si rivela spesso ambivalente. Un esempio in tal senso può essere l’ormai famoso GPT3, un algoritmo di intelligenza artificiale. Il suo sviluppo, da parte di OpenAI, consente il progressivo perfezionamento di una rete neurale sempre più sofisticata e complessa in grado di rendersi molto utile, in qualità di assistente, a scienziati e ricercatori di ogni genere, nonché capace di scrivere testi convincenti e fluenti, scientifici o letterari che siano, di modificare documenti di ricerca, e molto altro ancora. GPT3 ha addirittura elaborato un articolo su se stesso, degno di essere pubblicato in una rivista scientifica!
Ne consegue che chiunque, in futuro, potrà scrivere bellissime poesie pur non essendo poeta, brillanti romanzi e saggi su cose che non conosce o in lingue che non ha mai parlato, e negli stili più diversi! Chi potrà stabilire, allora, l’autenticità di uno scritto, quali saranno i criteri distintivi? Stando così le cose, in futuro cresceranno a dismisura i sospetti sul reale autore di un testo. Anche chi sta scrivendo queste parole, in teoria, potrebbe essere GPT3! Tali strumenti linguistici di grandi dimensioni sono solitamente definiti con la sigla LLM (large language model). Un altro famoso LLM, è ChatGPT, una versione di GPT-3 che nel novembre dello scorso anno è stata resa gratuita e facilmente accessibile. Ma in tal caso questi programmi necessitano di continui aggiustamenti, poiché quando vengono dati, per così dire, in pasto alla massa del web diventano spesso tossici: producendo testi razzisti, omofobi, sessisti e quant’altro. Similmente agli LLM, altre IA generative possono produrre immagini o suoni.
In questo tipo di discorso non si può non accennare a Pegasus, uno spyware sviluppato dall’azienda israeliana di armi informatiche NSO Group, progettato come difesa dal terrorismo, ma poi diventato, nei Paesi (totalitari e non) che l’hanno acquistato, un invasivo e pericoloso strumento di controllo della popolazione. Ė concepito per essere installato occultamente (via email, per esempio) sui telefoni cellulari con sistema operativo iOS e Android. Cito da ‘Cybersecurity360.it’: Sostanzialmente, Pegasus è in grado di leggere i messaggi di testo, tracciare le chiamate, raccogliere le password, accedere alla cronologia web, accedere al microfono e alla fotocamera del dispositivo, modificare le impostazioni e raccogliere dati e informazioni dalle app installate (tra cui i Message, Gmail, Facebook, WhatsApp, Telegram e Skype) oltre che accedere a tutte le comunicazioni effettuate, visualizzare le posizioni di tutti i dispositivi infettati e può anche raccogliere le password delle reti Wi-Fi a cui il dispositivo è/era connesso.
Tutto questo, e molto altro, ha profondamente cambiato l’immaginario culturale dominante: molte implicazioni psicologiche e metafisiche di questi sviluppi, sono esplorate da una ricca produzione narrativa. Larry McCaffery, nell’introduzione all’antologia CYBERPUNK (Editrice Nord), pone in evidenza proprio l’importanza dell’arte e della narrativa in questo momento storico, ed esprime fiducia nei valori e nell’estetica della controcultura. Accenna alle problematiche derivanti dall’infosfera, alle subdole strategie di “introdurre immagini, notizie e altre fonti di informazione direttamente nelle nostre case, automobili e uffici, e di conseguenza, nei recessi più profondi della nostra immaginazione, della nostra consapevolezza, dei nostri desideri”; strategie la cui finalità sarebbe “la penetrazione e la colonizzazione della Natura e dell’Inconscio!” McCaffery conclude esaltando la suddetta letteratura che “si sforza di darci gli strumenti per tracciare una mappa cognitiva in grado di stabilire la nostra collocazione in un mondo nuovo, che distorce sistematicamente il senso di chi siamo o dove ci troviamo, di ciò che è ‘reale’, e di ciò che più conta nella nostra vita di esseri umani.” Problemi di grande attualità, tanto che si cominciano a pubblicare romanzi con un taglio diverso dalle opere in questione, ma che affrontano tematiche analoghe.
Una letteratura che, a questo punto, dovrà ridisegnare i propri confini e i propri obiettivi a ritmo forsennato. Lo stesso vale per i testi poetici sul mondo digitale, come quello che segue, per esempio.
CONTEPLANDO L’HARD DISK
questa trama oscura che si spiega
sopra gli Eldoradi della tecnologia
pare la veduta aerea
di una città lontana
perduta nella notte o in qualche sogno
fredda geometria che racchiude
la scatola nera dei miei voli
nel cyberspazio
per me è un labirintico enigma
un mandala elettronico
o un approdo forse
alla metafisica per i robot
autocoscienti del futuro
Al di là di quanto si è detto, navigare in Internet può essere assai piacevole e proficuo sotto molti aspetti, per chi conosce ed evita i pericoli costantemente in agguato nella giungla della Rete e nel profondo web.
Per questo, e per tanti altri motivi, l’uso ormai ossessivo del telefonino, in sé e per sé utilissimo, può destare qualche perplessità. Infatti molte persone, specialmente i giovani, ‘seppelliscono’ quotidianamente la mente nel cellulare, e vivono quasi l’intera giornata come dentro una sorta di bolla, impermeabile alla realtà circostante. Come se non esistessero nell’hic et nunc, ma solo nel dilatato tempo del cyberspazio; preferiscono vivere in una sorta di mondo virtuale: per loro, la realtà è solo un caso particolare del possibile. Qui non vale l’antica e azzeccata definizione degli strumenti come prolungamento degli organi del corpo, per servirlo al meglio, poiché in questi casi è il cervello che diventa schiavo del cellulare, secondo un principio non estraneo alla dialettica servo-padrone di Hegel.
La preoccupazione che tale comportamento desta in molti genitori non è un segno di misoneismo, ma di fondata preoccupazione per il futuro dei figli. A volte, poi, lo strumento di comunicazione per eccellenza diventa esattamente il contrario: non è raro, per esempio, vedere al ristorante famiglie o gruppi che invece di conversare compulsano lo smart phone. Per dirla con un ironico neologismo, siamo di fronte a una pandemia di cellularite cronica.
Stando così le cose, non è raro nemmeno vedere bambini gattonanti in compagnia del cellulare! Se fosse ancora vivo Lacan, non parlerebbe più di ‘fase dello specchio’, stadio fondamentale nello sviluppo della personalità del bambino, ma parlerebbe di fase del telefonino, del selfie, o qualcosa del genere! E se l’inconscio, come afferma Lacan, è essenzialmente un linguaggio, che lingua parlerà il futuro inconscio cibernetico? Tanti, troppi sono gli interrogativi che sorgono in questo ampio contesto, e i punti da esplorare sono ancora circondati da ampie distese di terra incognita. Come, tanto per fare un esempio, l’evoluzione della Realtà Virtuale, che coi continui perfezionamenti di guanti e tuta immersiva, è già in grado di implementare un’esplorazione multisensoriale e non solo visiva di questa sorta di ‘autre monde’, che assorbe completamente il fruitore, con altre coordinate spaziali e temporali, e con altre dimensioni personali e metafisiche… Parlando in generale, dunque, non vi sono indizi concludenti. Una cosa certa è che lo scarto tra il futuro e il presente si riduce sempre di più. J.G. Ballard a tale proposito ha parlato di ‘shock del futuro’: con la quotidiana invadenza della tecnologia, in effetti, il tempo va sempre più veloce, e il futuro sembra mescolarsi al presente, alonandolo di incertezza e di inquietudine; un sentimento che si può esprimere anche in versi:
FULMINE TEMPORALE
una costellazione
di neuroni elettronici
guida i robot
verso un mondo perduto
nel futuro
questo futuro
che ci colpisce ogni giorno
come un tomahawk
In ultima analisi, non ci sono più verità ormai, ma solo concetti in movimento.
Ha ragione Ernst Bloch quando afferma che l’essere è il non-essere-ancora.
Un concetto felicemente espresso anche da Paul Natorp: “Quel che importa è ciò che si va facendo, non ciò che si è fatto. Il ‘fieri’ solo è il fatto; tutto l’essere che la scienza cerca di ‘stabilire’ deve risolversi di nuovo nel flusso del divenire. E di questo divenire, ma soltanto di esso, si può dire che è.”
Tuttavia, anche e proprio per questo, nessuna conclusione è, né mai sarà, definitiva. Viene alla mente un proverbio cinese: “Non esiste nessuna verità, neanche questa”. O l’Ippia Minore di Platone, dove ogni verità, alla fine, diventa aporia. Al momento attuale, in effetti, il concetto di relatività è ormai divenuto sistemico, dalla fisica all’arte, alla filosofia, all’etica…, in tutta la cultura, anzi Le culture!
E quindi il presente discorso poteva diramarsi diversamente, e invece di citare alla fine la profonda, ma fredda notazione intellettiva di Natorp, concludere con una ‘romantica’ suggestione, del pari profonda, tratta da un libro di Charles Baudouin (Psicoanalisi del simbolo religioso), che dovrebbe far riflettere anche i cybernauti: “Conviene conservare il contatto col primitivo, col mito, con la vecchia natura inquietante, carica di paure e di speranze umane elementari. Ma che ciò non sia per perdersi lì! Sia per ripartirne e, forti dello slancio che avremo ripreso toccando il suolo, per elevarci più in alto.”
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