Enrico Cerquiglini, fondatore del premio Sandro Penna e poeta rigoroso, licenzia alle stampe questo poemetto a lungo meditato e pubblicato in semiclandestinità in 50 copie, quasi alla maniera di Roberto Roversi. Preceduto in esergo dalla bellissima Disdetta di Giorgio Caproni, a testimoniare forse una cocente comprensione del mondo al termine del viaggio, il cui principio “è senza un dove e/ un quando”, l’intimo memoriale si presenta come un magmatico resoconto a cavallo di millennio, ricco di tutte le orrende trasformazioni sociali e politiche: dalla scomparsa della cultura contadina alla industrializzazione dei veleni; dai “ragazzini implumi, sbandati,/ lasciati indietro da ogni branco” alle “arroccate giovani generazioni/ con gli stessi occhi iniettati di sangue dei padri,/ degli avi,/ con in più la strafottenza/ di chi ha sempre mangiato/ a sazietà,/ ha sempre avuto prima di desiderare”; dai fascistelli anni Settanta al “riapparso/ fascio littorio/… laddove tutto il dì si merca”. In tale contesto il Potere, con la sua verità che non conosce male e bene, si insinua e sopravvive ovunque, trasversale alle classi e al tramonto delle idee, irrobustito da mediazioni e compromessi, da servi e manichini mediatici. Nel costruire questo personale Salò Cerquiglini ricorre a volte all’enumerazione di tutto ciò che è deiezione del mondo italico e non solo, riecheggiando Dante e Pasolini ma guardando anche all’ironia lessicale se non al sarcasmo pariniani del Giorno. L’esito, forte e originale, è un flusso tra storia e coscienza reso in un linguaggio scintillante.
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