La poesia di un coro di poeti canta uno dei tanti massacri. Questo fiume plurale di voce è per tutte le guerre, per quelle che ammazzano l’umanità da un punto all’altro del mondo, e si rinnovano come se la stessa umanità non fosse in grado di creare altre dinamiche sociali oltre quelle della sanguinante cannibalica rivendicazione. L’Afghanistan è stato e continua a essere una dimora di vittime.
L’introduzione dell’opera viene firmata da Susanna Camusso. Merita estrarne dei passi significativi e condivisibili:
Anche se non avevamo visto, se ci eravamo dimenticati di una guerra iniziata venti anni fa, se non avevamo tenuto la contabilità quotidiana di tutti i morti della povertà crescente, anche se tutto questo era sepolto in un angolo remoto della nostra memoria, quelle immagini erano lì a squadernare un’altra improvvisa incertezza.
Aver digerito che si poteva parlare di “guerra giusta”, di sicurezza da produrre con le armi…
Fummo in molti e nello stesso tempo pochi, allora, ad opporci alla guerra, in un movimento giovane e colorato, planetario, non trovammo ascolto r ci disperdemmo.
Tutto il mondo ora deve fare i conti con vent’anni di guerre e bugie, di schieramenti “umanitari” che lasciano ben poco dietro di loro, ma molto macerie dimenticate in varie parti del centro dell’Asia e nel Mediterraneo, hanno allungato l’elenco dei paesi dove quel terrorismo con le sue organizzazioni fondamentaliste, doveva essere sconfitto dalle armi creando invece nuove presenze ed alimentato terrore, instabilità, nuove guerre.
…
Questo ci dice che la guerra, oltre che ingiusta è sbagliata: coltivare diritti non è esportare modelli.
…
Continuiamo a chiedere conto di quel silenzio mondiale sull’occupazione turca delle terre curde, tesa a cancellare in un sol colpo un’esperienza di democrazia paritaria, di libertà delle donne e di lotta contro il terrorismo.
…
Dobbiamo rispondere alla domanda di Gino Strada: “Cosa c’entrano i civili con la guerra?” sia quella guerra fatta con le armi sia quella dei brevetti.
Ventidue poeti si voltano verso il ventre nero della guerra. Ne colgo tre.
Chiara Lev Mazzetti
(Data x.)
Ogni giorno un pugno
*
22 Agosto 2021
Ore 12:32
In coro solerti abbiamo detto
-vi abbiamo visto!
e siamo andati in vacanza
Il pentimento la viltà?
-per tutto
Gisella Blanco
Il dono della democrazia
L’angelo piomba in terra, col suo fardello d’al di là,
nel tremore d’ali sparge il lascito, si esibisce
nell’iperbole del volo, è convinto
che mostrarsi nel volteggio sia come donare slancio.
Crede d’esser sacro a ogni uomo
-chi lo vede, chi lo ignora, chi lo ripudia-.
Quale padre l’ha spinto a reconditi suoli
senza conoscere l’idioma in cui offrire preghiera?
Se non fosse sciente l’angelo e il padre
non fosse abbastanza santo,
se l’omaggio non fosse gratuito, se il corridoio fosse labirinto,
se sia il popolo ad arretrare o la meta – rarefatta – a scostarsi
non sappiamo non diciamo
e preghiamo noi stessi
di poter essere
ancora una volta
più esperti dèi.
*
Agnese Coppola
Farfalle
I bimbi pensano perfetto
il mondo dei grandi.
I grandi ricordano l’inverso.
Il mondo è una spina.
La rosa è a testa in giù
E Barbablù chiude a chiave
La porta. La conta è finita.
Ma a chi importa?
Lasciare libere le mani,
le farfalle sono voli di morti.
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