Ringrazio l’amico Plinio Perilli per avermi indicato l’opera e la personalità straordinaria di Alberta Bigagli, anche per avermi messo in contatto con Fiorella Falteri, curatrice assieme a Manuela Buzzigoli, del libro Sì comincio, edito nel 2022 da Balda Editore, interamente dedicato al lavoro di Bigagli.
Il ponte relazionale acceso da Perilli, tra Bigagli e me, è scaturito senza ombra di dubbio nello scopo di mettere in connessione le due nostre ricerche, entrambe intensamente vocate a lavorare l’energia della poesia, la sua concentrata emozionante intensità, la sua precisa, amorevole, tensione nell’economia del ritmo e della parola, la sua radice orale, la sua congiuntiva forza propulsiva verso una profonda umanità.
In un tempo in cui la relazione è fratturata, frammentata, non quotidianamente nutrita, dove la parola non è coltivata ma accade in modo sfibrato, esangue, se non assordante, in una crescente decadenza semplificativa disposta alla violenza, al taglio, alla discriminazione, portare (nel senso vero e proprio di farsi portatori e portatrici) personalità e opere che hanno agito e agiscono nella qualità di costruttrici di pace, per usare un’espressione capitiniana, è un doveroso e indissolubile impegno di passione civile, politica, culturale. Anche gioioso, nel trovare forze umane di lucentezza nutriente.
Alberta Bigagli è nata a Sesto Fiorentino nel 1928. Ha vissuto a Firenze. Si laurea in Psicopedagogia. In tutta la sua vita, accompagna lo studio della psicologia con quello della poesia. Presente in molte associazioni, fonda “Novecento – Libera Cattedra di Poesia” e “Abbi – Psicologia e Parola Poetica”. La sua prima opera di poesia esce nel 1975 per l’editore Vallecchi con il titolo “L’amore e altri (1959 – 1965) con prefazione di Carlo Betocchi. Seguono altri testi in poesia, di cui cito solo alcuni editori: Gazebo, Book editore, Passigli. Si aggiungono alla lirica, la narrativa e numerosi documenti tratti dai laboratori di linguaggio espressivo, così come opere da lei curate estratte da esperienze da lei condotte nelle scuole e in luoghi di grave sofferenza sociale e psichica, come case di riposo, carceri, Ospedale Psichiatrico giudiziario.
L’opera raccoglie testi editi e inediti. È stata voluta da “Trust”, Ente culturale da Bigagli stessa voluto e ufficialmente costituito dopo la sua morte, avvenuta nel 2017. La finalità del libro è quella di fornire documentazione del metodo di uso della parola, sia in ambiti letterari che, soprattutto, nel linguaggio espressivo, tenuto in vari contesti dall’autrice. Il libro, dopo la premessa di Fiorella Falteri, si apre con la testimonianza diretta di Bigagli, intervallata dalle sue poesie. Entriamo nella sua poetica e nella sua poesia. Accediamo a significati sostanziali e fondativi del suo pensiero.
La poesia è utile
La parola in sé trascende e rifonda il mondo e la storia, ma non può farlo se diventa solo volutamente evasione. Se diventa ciò colei che non disturberà i gusti del potere corrente, per banale adattamento e mascherata schiavitù.
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Non regressione ma recupero
Tutta la poesia moderna sembra essere un’orbita tracciata intorno al pianeta dell’egoicità, cioè appare ispirata alla confessione del proprio io, sovente enfatizzata e artefatta, altre volte autentica e vereconda, comunque l’io viene inteso come l’unica specola a disposizione del poeta moderno da cui osservare il mondo.
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Se è vero come è vero, che la poesia moderna salvo eccezioni viene tracciata intorno al sé, con toni depressi o trionfanti, non può che formarsi, nello stesso operare poetico, un circolo vizioso. Se non mi pongo sufficientemente in osmosi con il resto del mondo, per il condizionamento anche politico all’individualismo, sono costretto ad alimentarmi di me stesso, fino all’ipertrofia.
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La poesia è viaggio attraverso le lingue e linguaggi, attraverso il mondo.
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Alla poesia non basta il livello lirico, è lei stessa che vuole farsi strumento per analizzare e giocare con le nostre profondità senza paura.
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La poesia è esercizio alla sintesi, all’unificazione e riunificazione degli elementi dopo la loro scomposizione e analisi.
Un originale modo di colloquiare con l’opera poetica di altri e altre è stato quello di scrivere poesie dedicate a poeti e poete, componendole come saggi critici cantati. Ne ricordo due tra tutti, quella dedicata a Mariella Bettarini e Gabriella Maleti per la loro opera “Nursia” e, mirabile, quella a Assunta Fininguerra.
Sicuramente la parte più interessante dell’opera è quella incentrata sui Laboratori di linguaggio espressivo, dentro cui la stessa Bigagli narra il suo metodo nella conduzione psicopedagogica di gruppi, a partire dall’esperienza all’interno della Tinaia di San Salvi, l’Ospedale Psichiatrico di Firenze. Viene messo in luce il materiale prodotto durante gli incontri e la loro composizione.
Io li chiamo Incontri di linguaggio espressivo ma gli interessati trovano più facile e più piacevole parlare di Incontri di Poesia. Quelli che chiamo gli interessati quelli che vengo ad incontrare hanno per me come nelle altre sedi il solo nome di battesimo così come io per loro sono l’Alberta.
Si seggono in circolo intorno a uno dei tavolini che io faccio in modo sia sempre lo stesso come lo stesso è il giorno e uguale l’ora. Una cornice ordinata serve perché la serenità favorisce gli atteggiamenti liberi e spontanei.
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Ci intendiamo sempre sul senso e sul significato della reciproca parola perché manca l’inquinamento da superbia.
Seguono nel libro alcuni giudizi sui laboratori di linguaggio espressivo, come quello del direttore Sanitario O.P.G. di Montelupo Fiorentino, o del Direttore della Casa Circondariale di Prato.
Estratti importanti dalla tesi di laurea di Beatrice Ciabini rilevano delle definizioni di Alberta Bigagli che in sintesi compiono il ritratto del suo metodo. Ad esempio: poesia concreta, sentirsi sentiti, io aiutavo gli altri e me stessa a respirare meglio, parola ossigeno, guai dunque se non si riesce a produrre ogni tanto la propria nuova nascita, la parola nuda e ignara.
Noi siamo brava gente e raccontiamo il vero, un vero da ritoccare solo per ragioni di poesia, ossia di scavo. Collocato com’è il nostro periodico, fieramente, nel filone dell’arte povera, quella fatta di coccio, Dove si scopre che il coccio, appunto, è materiale ricorrente di scavo, se si va a fare archeologia. A recuperare i pezzi, le cellule con cui è stata tessuta la storia dell’uomo. Storia in gran parte violenta e triste, ma l’unica che ci troviamo. Detto ciò, andiamo a iniziare, pacificamente sorridenti.
Tutto questo si fonda sulla fiducia nella relazione empatica e nella potenzialità terapeutica umana della parola. Parola non giudicante, connettiva dell’io con il tu e il noi, in reciproco arricchimento.
Ogni laboratorio è sia fondato sull’ascolto, sulla voce, ma anche sulla parola scritta. Tutto registrato su un quaderno, il cosiddetto verbalino, dentro cui la scrittura è come lei dice un atto amorevole. Tre i momenti generativi del laboratorio: la confessione, la riflessione, il canto.
Molte solo le risonanze con il pensiero di Aldo Capitini e di Martin Buber.
Dal 2000, per opera di Giovanna Gurrieri, l’intero Archivio di linguaggio espressivo è accolto presso la cattedra di Sociologia della comunicazione dell’Università di Firenze.
La straordinaria ricerca e esperienza di Alberta Bigagli si può riassumere con queste sue parole lampanti parole:
La mia non è didattica, né terapia, né formazione sociale, Mi sento e come tale voglio essere accettata, portatrice di nulla e di tutto. Scientificamente, questa che è “azione sul campo” appartiene all’antropologia, ma l’ispirazione venne dall’amore per la parola. Dalla poesia.
L’accurata bibliografia a compimento permette agli studiosi e alle studiose un verticale approfondimento.
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