Riccardo Cavallo, con L’Europa tra nomos e polemos, UTET, 2020, affronta uno snodo cruciale del presente e del futuro dell’Europa: il rapporto, sempre dialettico, tra diritto e politica, tra nomos, forma della legge, ma non solo, visto il ventaglio delle altre accezioni, e polemos, anche questa, parola ricca di significarti, ma che potremmo tradurre con conflitto. La scansione dei capitoli – dalla dimensione conflittuale del “politico” ai nuovi orizzonti della politica, dall’ombra del Leviatano sul vecchio continente alle prospettive del grande spazio europeo, per citarne alcuni – delinea non solo il percorso di ricerca compiuto dall’Autore, ma indica anche l’insieme dei problemi, teorici e politici, che segnano questa fase storica. Cavallo, studioso del pensiero giuridico novecentesco, dei rapporti tra diritti e popolo nel milieu europeo e delle nuove frontiere della filosofia del diritto, docente di Didattica del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza e di Bioetica presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Catania, muove da un punto di vista molto particolare e molto complesso, da uno dei lati oscuri del pensiero del Novecento: quello offerto da Carl Schmitt, giurista dai molti e profondi interessi, figura incombente, autorevole, contraddittoria, compromesso con il nazismo, assolto dal Tribunale di Norimberga. L’Autore ricostruisce gli anni di formazione di Carl Schmitt ventisettenne a Monaco, tra il 1915 e il 1921, la frequentazione di artisti, musicisti, scrittori e, in particolare, l’incontro con il poeta Theodor Däubler dalla cui poesia trarrà i nuclei della sua costruzione teorica. Altro rapporto importante è quello tra Schmitt e Kandinsky. Riccardo Cavallo, riesce in poche righe a descrivere, parlando del clima bohémienne di Monaco, il quadro culturale che, in quegli anni animava l’Europa in cui si muovono personaggi che influenzeranno la storia artistica, e non solo artistica, del Novecento. Gli assi portanti del suo pensiero, dal realismo politico alla questione del mito – questione questa che lo pone, lungo una direttrice di riflessioni e studi accanto a Walter Benjamin, Georges Sorel e Antonio Gramsci – vengono passati al vaglio dello studioso della filosofia del diritto e della scienza politica per verificarne, vitalità teorica e relazioni, a volte sorprendenti, con altri grandi pensatori, che lo colloca lungo una linea che va da Tucidide a Weber, passando per Macchiavelli, Bodin, Hobbes. Ma la questione centrale, oggi, come in tutte le fasi storiche segnate da lunghe transizioni e grandi cambiamenti, è definire cos’è il politico. Fra i criteri che Schmitt individua per la sua tutt’altro che semplice definizione, pone la coppia antinomica amico/nemico. Nelle pagine dedicate al rapporto tra Schmitt e Tronti l’Autore scrive: ‹‹Se la teoria del politico è esemplarmente rappresentata dalla teoria amico-nemico elaborata da Schmitt d’altro canto la massima rappresentazione del politico può essere effettuata solo partendo dall’economia.›› Questo, oltre a creare un gioco di rimandi e connessioni tra Marx e Schmitt, pone anche altri problemi. Il primo di questi, quello forse basilare, è relativo alla seguente questione: se diritto e politica compongono un dittico inestricabile, l’economia potrebbe portare ad un trittico, anch’esso inestricabile. In fondo, le tecniche e gli strumenti di accumulazione e distribuzione delle risorse sono elementi che interrogano politica e diritto. Oggi, peraltro, la questione della finanza e dell’economia, come l’Autore sottolinea più volte, hanno assunto una forza e una pervasività tali da porre in discussione gerarchie e ambiti di poteri.
Uno dei temi affrontati – di grande interesse e di valenza generale – è relativo a come Schmitt è stato accolto, tradotto, censurato, studiato e discusso in Italia, dai vari versanti della scienza politica. Per fare solo due nomi: da Gianfranco Miglio, noto – fuori dagli ambienti accademici – per essere stato “l’ideologo della Lega”, quella delle origini e di Bossi – giova precisarlo – e, su tutt’altro versante, Mario Tronti, studioso “eterodosso”, uno dei più significativi esponenti di quella corrente di pensiero e di ricerca definita “operaismo” che, in particolare, ha proposto la categoria dell’“autonomia del politico”.
Altro tema di grande interesse e che oggi assume un rilievo straordinario è quello della Repubblica di Weimar, la prima repubblica tedesca dopo l’abdicazione di Guglielmo II e il primo tentativo di instaurare una democrazia liberale in Germania tra il 1919 e il 1933, anno di ascesa al potere di Hitler. La costituzione di questa Repubblica, la sua architettura istituzionale e le sue leggi sono state oggetto di molti studi e di grandi dibattiti. La questione centrale è quella della legge dei pieni poteri che portò alla cancellazione della Costituzione e all’ascesa “legale” di Hitler al potere.
La richiesta di “pieni poteri”, cioè la torsione autoritaria della responsabilità del governo in pretesa di comando, che sentiamo risuonare sia in Italia, sia in altri Paesi europei e negli Stati Uniti, a fronte di una evidente crisi della partecipazione dei cittadini alla vita politica – il segno più evidente è il crescente astensionismo elettorale in molti Paesi democratici- pone di nuovo la domanda del rapporto tra diritto e politica.
Negli ultimi anni nel dibattito politico e nelle scelte operate dai governi guidati dalle destre in anni recenti, si è imposto il concetto di sovranismo. Questa visione, che non è affatto limitata all’Europa, basti pensare a Trump o a certi leader, dall’Australia all’Indonesia, reclama chiusure, alimenta paure e attacca direttamente il problema dei problemi: il rapporto tra l’Unione Europea, i singoli Stati e il collocamento delle sedi della sovranità, cioè del potere. L’Autore sottolinea, partendo ancora una volta da una intuizione di Schmitt, che: ‹‹esiste un legame indissolubile tra il destino dell’Europa e i concetti di Stato e sovranità››. Quindi, chi è il sovrano? Siamo in un tempo che, per usare una formula sintetica ed efficace proposta da Riccardo Cavallo, è caratterizzato dalle difficoltà del non più dei vecchi concetti e il non ancora dei nuovi. In questo attraversamento di terra incognita, la nebbia degli stereotipi, dei preconcetti e delle pigrizie intellettuali può confondere e portare fuori strada. Riprendendo uno spunto di riflessione dell’Autore, potremmo chiederci se il tanto urlare e semplificare del sovranismo non copra, in realtà, la crisi irreversibile dello Stato-Nazione, per come è andato strutturandosi a partire dall’Ottocento, anche per gli effetti della nuova dislocazione di poteri e delle dinamiche politiche globali.
La democrazia, intesa come valore e come sistema istituzionale, sembra vivere una stagione di grande difficoltà in molte parti del mondo e, in particolare, per quel che ci riguarda più da vicino in Europa e in America. Al di là delle tante differenze vi sono però dei tratti comuni. In ordine sparso: dalla teorizzazione della democrazia illiberale di Orbán alla crescente percezione – frutto anche di campagne di manipolazione delle pubbliche opinioni operate con le più sofisticate tecnologie digitali oggi a disposizione – delle difficoltà della democrazia a fronteggiare le sfide di questa lunga transizione, segnata anche dalle inquietudini dei grandi cambiamenti in corso e fiaccata, dall’interno, da evidenti distanze fra cittadini e forme e pratiche della politica. Vi è una spinta, sempre più forte, in Italia e in Europa a superare la fiacca democrazia – echi di Weimar? – per approdare alle più sicure e protettive autocrazie o democrature. Di nuovo, chi è il sovrano, come si definisce il politico e come si relazionano, in questo quadro, diritto e politica?
Le prossime elezioni in Germania, con la possibile vittoria del partito di ultradestra che si richiama al nazismo, un possibile esito analogo in Austria e, sia pure con delle differenze, in Francia delineano un quadro inedito che rischia di disarticolare l’Unione Europea per come è andata fin qui configurandosi e di porre le basi per una implosione dello spazio europeo, politico e geografico. In passato si è detto spesso che l’Unione Europea, sia in termini di consapevolezza politica sia in termini di costruzione di architetture istituzionali e di correlate normative, avanzava più spedita sotto l’urto delle crisi che sotto la spinta di dibattiti e confronti. Questo è stato indubbiamente vero in molte fasi. Alla luce delle tensioni e torsioni delle società europee, la domanda, ineludibile è: oggi è ancora così, nonostante tutto ci sono ragioni solide di speranza per immaginare un colpo d’ali o siamo davvero alla fine di un ciclo e della costruzione politica e istituzionale dell’Unione Europea che abbiamo conosciuto fin qui?
Proviamo a tracciare un quadro, sintetico e non esaustivo, dei problemi che abbiamo di fronte: affanno delle democrazie, difficoltà dei modelli produttivi di fronte alla necessità di affrontare con incisività la crisi climatica, aumento esponenziale delle diseguaglianze e arricchimento speculare delle ricchezze di pochi, l’irrompere dell’intelligenza artificiale con tutte le conseguenze sociali, culturali, economiche e politiche che ha già prodotto e ancor di più produrrà, il ritorno delle guerre e tanto altro ancora. Tutto questo provoca nuove dinamiche, nuovi processi e mette sotto pressione strutture giuridiche, culture e visioni politiche. Il punto di caduta ci riporta al cuore della riflessione schmittiana e alle analisi e riflessioni di Riccardo Cavallo: in questo contesto, cos’è “il politico” e come si declina il nesso politica, diritto, economia? L’inestricabile nodo che tiene i fili del diritto e del politico è, non solo un problema di definizioni, ambiti, categorie e discipline accademiche, ma ha un impatto fortissimo sulla società e sulla vita quotidiana di tutti noi. L’Europa tra nomos e polemos è un libro che ha molti pregi, che ripaga con generosità il lettore a cui consegna analisi approfondite, riflessioni stimolanti e, soprattutto, materiali indispensabili per poter individuare la trama delle culture politiche che hanno dato forma al Novecento e che ancora innervano, sia pur molto più debolmente, il dibattito attuale. Per capire i nodi problematici, per poter affrontare i temi, oggi più complessi e davvero incandescenti che riguardano il presente e il futuro dell’Unione Europea, composta da 27 paesi e lo spazio europeo composto da 50 nazioni, 43 interamente europee e 7 euroasiatiche, occorrono strumenti e conoscenze adeguate. Il libro di Riccardo Cavallo fornisce un contributo importante di conoscenza e, quindi, di consapevolezza.
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