La dedica di Monica Palma a Giulia Niccolai e a Milli Graffi mi emoziona. Entrambe queste donne hanno portato la creazione a una libertà espressiva e gioiosa che insegna e accende. Se esiste oggi una poesia in Italia che vuole coniugarsi a quella vena lirica è proprio quella di Monica Palma. L’affinità , comunque, mantiene personalità diverse e vie diverse.
La prestigiosa, storica, collana rossa de il verri, ideata da Milli Graffi, accoglie il nuovo libro di questa artista complessa, difficilmente contenibile in un unico registro artistico. Monica Palma apre la poesia a un’oralità dentro cui nomadismo, visionarietà , fluidità linguistica, teatralità si innestano.
E proprio tenendo conto di questi cardini di personalità artistica, la poesia di Palma vive la soglia del possibile, fino a un vero sbilanciamento, fino al rischio della perdita d’equilibrio. La poeta deflagra ogni cornice, ogni linearità razionale, ogni prevedibilità semantica. Il filo del canto spesso entra nell’oscuro, componendo un’opera di drammatica leggerezza solforica. Palma sradica il peso di gravità , più volte nominato, spoglia l’io, lo scompone, lo fa roteare, lo estrae e lo astrae dalla comunità , raggiungendo la soglia dell’impersonale. La poeta indica Clarice Lispector, Niccolai e Milli, come segnaletiche, orizzonti di riferimenti, pietre miliari imprescindibili.
Osservando i vari caratteri tipografici in cui il testo si dispone, Palma offre, più che una sovversione della misura e della corporeità del segno, una vocazione intima all’oralità . Lei stessa diviene palcoscenico di carta. Leggiamo, cioè, uno spartito scritto, che difficilmente tatua la pagina: si muove con inafferrabilità .
L’inchiostro è un mosto nero in ebollizione che emana profumo di geografie interiori aeree, inquiete, impalpabili, sonore, a tratti turbinanti come liriche trombe d’aria.
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