IL GELSO DI GERUSALEMME

Paola Caridi

Feltrinelli (2024)

“Le mie braccia cresceranno lungo un albero di sicomoro” scrive il poeta Mahmoud Darwish nel suo poema Murale.
Lo cita Paola Caridi in questo libro che riesce a raccontare, attraverso gli alberi, la storia del Medio Oriente e non solo, “perché c’è una storia che è oltre il passaggio degli umani, a cui gli alberi assistono come testimoni, più spesso come vittime sacrificali, e che ci dice altre, diverse cose sulla terra che attraversiamo solo temporaneamente, come individui e come collettività. Come specie.”
Tutto parte dal gelso di more rosse, ritrovato a Gerusalemme, ma non più vivo e rigoglioso. Tagliato ai tempi del covid, resta come moncone a raccontare un suo ruolo nel giardino, come albero d’affezione, segno piccolo, non privo di forza, della modalità con cui l’imperialismo impone al mondo le sue leggi.
La rassegna è varia e basta citarne qualche esempio: i pini che corrono sulla strada n.1, da Tel Aviv a Gerusalemme, voluti in numero massiccio da Ben Gurion all’indomani del 1948: alberi che ridefiniscano il paesaggio, ma, soprattutto, indichino la sistematica appropriazione della terra. Senza considerare che la loro inadattabilità al clima di quel territorio, avrebbe provocato poi il devastante incendio nella torrida estate del 2021, incendio che ha portato alla luce le tracce dei villaggi palestinesi spopolati e distrutti.
Gli ulivi che hanno segnato il paesaggio tra Gerusalemme e Betlemme, e che erano parte importante della struttura economica per la gente di quel luogo, sono stati abbattuti per ‘motivi di sicurezza’, per costruire il muro che separa il villaggio dagli oliveti e spezza irrimediabilmente il rapporto millenario degli umani con gli alberi.
Le arance di Jaffa, da secoli curate e selezionate dai palestinesi, sono state il perno della vita economica della città, del suo attivissimo porto, fino alla cacciata, all’esproprio e alla rifondazione di un’economia, israeliana stavolta, che cura vendite ed esportazioni e costruisce l’immagine, efficace agli occhi del mondo, di un paese che “fa fiorire il deserto”.

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