Seguo da anni la raffinata arte di Francesco Balsamo, che nel corso degli anni ha sfociato in varie edizioni, sempre attentamente curate in una qualità di carta e impostazione tipografica.  Il suo innesto tra disegno e parola ha una matrice artistica sempre essenziale, precisa nella sua grana orafa di esatte calibrature dentro cui il peso del segno è ridotto al minimo, pur imprimendo una forza d’incanto. Direi che se esiste una parola da coniugare alla sua poetica è levità.

Non si ha rarefazione lirica. La componente fondamentale poetica di Balsamo è aerea domina l’interiorità della poesia, lavora il vuoto e lo rimanda al lettore dandogli sonorità coinvolgente. Si affacciano oggetti soggetti dettagli in un movimento di improvvisi e di lentezza. Il baricentro della visione del poeta si abbassa al punto da coincidere con una quota naturale, della natura, da perdere ogni consistenza intellettuale aprendo infinitamente la prospettiva.  Non tanto la matita diventa animata ma animale. Tutto è vivissimo, organico. La poesia ha il potere di cantarlo. Con un canto corporeo, creato da una sensibilità tenerissima.

Accendere una candela
nel fogliame di questa stanza
e il mio gesto più piccolo e sorvegliato

e la candela mi risponde
con riverenza di civetta

calma mi controlla i vestiti
gli occhiali
l’orologio
mi spoglia
e m’istruisce

e sembra che pure io possa
non patire il fuoco

questa è la luce capace di scavare una roccia
senza fatica
e anche accesa resta fedele al buio
e affonda gli angoli della stanza

per le sue gocce di cera
ho una cintola negli occhi

tocca parola per parola
sono solo trucioli
guarda

e rispondo sì vedo
anche per loro ho una ciotola

mi sotterro una ciotola
e anche tre noci

completo così il distacco
della stagione

spezzo col piede un tratto
di viaggio autunnale

e taglio l’acqua con una penna

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