dedicato a Marilisa,
per il pezzetto di strada condiviso

Ho capito che non funziona: ti imponi di scrivere su un argomento che decidi a priori e niente, il pezzo non viene fuori. Bisogna aspettare che sia lui a cercarti, che ti appaia all’improvviso mentre stai correndo in bicicletta verso casa e ti chieda di essere raccontato. E allora ti rendi conto che è una cosa che ti porti dentro da tempo, da quando sei rimasto incantato dalla visione del film “Piccolo corpo” (2022) della regista triestina Laura Samani, prodotto da Nefertiti film con RaiCinema.

Una giovane donna in un villaggio vicino al mare partorisce un bimbo che muore durante il travaglio. Siamo agli inizi del Novecento: secondo le regole della religione non è stato battezzato e quindi non può essere sepolto in terra consacrata. La donna, che si chiama Agata, non si rassegna all’idea che il figlio non possa accedere a una vita ultraterrena e trova conforto in una voce che gira nel villaggio: in un lontano paese di montagna c’è una piccola chiesa dove i bambini tornano in vita giusto quei pochi istanti necessari per ricevere il Battesimo. E Agata si mette in cammino con il suo piccolo fardello custodito in una cassa di legno che si lega alla schiena con un lenzuolo strappato. Il film è il racconto di questo viaggio d’amore per una creatura mai nata.

È un film fisico per lo stile di ripresa che accarezza i corpi, per la luce livida con cui lo sloveno Mitja Ličen restituisce l’asprezza autentica, quasi balcanica, dei paesaggi friulani. Ma è anche un film metafisico, che ci cala in un mondo atemporale e simbolico, popolato da briganti, con miniere in cui smarrirsi, guaritrici annidate in tetri stavoli, barche sospese su acque di soglia…

Il film affonda le radici in una credenza popolare, avversata dalla Chiesa ufficiale, e sviluppatasi inizialmente nella Francia centro-orientale e lungo l’arco alpino; spesso i casi sono conosciuti tramite documenti d’archivio (atti notarili relativi al riconoscimento dell’avvenuto battesimo, ex voto tutt’ora conservati, documenti d’indagine e memoriali redatti dall’Inquisizione locale). Questi luoghi di culto sorti in luoghi isolati e difficilmente accessibili venivano chiamati Sanctuaires à repìt: in essi si compiva il fatto miracoloso: le madri vi portavano i figli nati morti e, dopo aver pronunciato le formule di rito e in mezzo a un profluvio di candele accese, si riusciva a percepire un flebile soffio proveniente dal neonato, “il respiro”, che durava il tempo sufficiente per somministrare il sacramento del Battesimo. Allora il bambino poteva dirsi definitivamente morto e sepolto in loco. Dalla Francia l’usanza passò in Italia, soprattutto al Nord dove sono documentati molti luoghi dedicati al rito del “respiro”, tra i quali il santuario della Madonna di Trava a Lauco, in Val Dolais, che è appunto la meta della protagonista del film. Il suscitatore dei respiri non era quasi mai un prete, ma molto spesso una donna, una perpetua. E il miracolo non veniva chiesto a Dio ma alla Madonna, perché essendo una madre che aveva perso il figlio poteva empatizzare con queste persone e forse intercedere per loro.

Piccolo corpo Regia di Laura Samani 
Durata 89′ Anno di uscita 2022
Soggetto e Sceneggiatura Laura Samani, Marco Borromei, Elisa Dondi
Produzione Nefertiti Film con Rai Cinema

Elisa Sartori, I santuari a repit e il rito della doppia morte
www.youtube.com/watch?v=K5yO5y9m2UI
Conferenza tenuta on line il 27 giugno 2020 per la Società friulana di archeologia odv, in collaborazione con UNI.VO.C.A. Torino nell’ambito del progetto “Agorà del Sapere”.

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