Edmondo Marcucci (Sigillo 1900 – Jesi 1963) è stato “uno fra i protagonisti del pacifismo italiano fino all’anno della sua morte”, si legge nella presentazione in sovracopertina del libro “Sotto il segno della pace”, edito a cura del Centro Studi per la Pace E. Marcucci di Jesi nel 1983. Si tratta dell’edizione integrale di un’opera il cui stralcio venne pubblicato su iniziativa di Aldo Capitini e Bruno Segre sul periodico l’Incontro, a partire dal 1965 con il titolo “Memorie di un pacifista”.
Nella sua introduzione lo stesso autore spiega che “varcato il capo della cinquantina (se non tempestoso, per lo meno poco augurante) metto in carta questi sinceri ricordi. Un colloquio con noi stessi che ci riconduce a cose passate, ci procura un piacere intimo e ci dà l’illusione di prolungare la nostra vita…”
Difatti il lettore si troverà di fronte una storia personale che innesta due grandi temi presenti e caratterizzanti la vita di Marcucci: la pace e la bibliofilia; argomenti che si intrecciano in un modo sempre vitale e germinativo l’uno per l’altro, andando a toccare anche – e qui siamo proprio nella quotidianità – il tema del vegetarismo, su cui scrisse anche in un libretto divulgativo.
“Sotto il segno della pace” è stato pubblicato 40 anni fa in una città che all’epoca mostrava un forte interesse per il pacifismo grazie a un autore rimasto nelle ombre dell’oblio della provincia, ma che con il suo lavoro organizzativo e teorico molto aveva dato a questa cultura negli anni precedenti. Basti pensare al suo rapporto intenso con Aldo Capitini, che ancora potrebbe rivelarsi fecondo di stimoli, se ristudiato e valorizzato.
È significativo che oggi – proprio oggi, 12 dicembre 2024 – sui social media Jesi si divide in una polemica a proposito della decisione di esporre la bandiera della pace accanto alla bandiera italiana issata sul pennone di Palazzo Signoria in occasione della convocazione dei Consigli Comunali. Il dibattito – talvolta scomposto… – mostra che il pensiero di Marcucci, nato da uno studio serio e motivato, è ancora valido per i contenuti su cui si fonda.
Occorre dare qualche cenno per capire la qualità di queste memorie. L’accenno alla psicoanalisi e a Freud a proposito della educazione alla pace. “Si è obiettato spesso – scrive Marcucci – che una propaganda puramente pedagogica, intellettuale e sentimentale… indica una lunghezza di tempo tale che ci fa pensare con sfiducia “a un mulino che macini così lentamente da lasciarci mori di fame prima che se ne possa aver la farina” per usare una significativa immagine di Sigmund Freud” …E Marcucci mostra di aver letto all’epoca la corrispondenza tra Einstein e Freud pubblicata sulla rivista “Nuova Antologia” del 1946.
E ancora: quando Marcucci cita il pensiero di chi è convinto che “la guerra ci sarà finché esisterà lo squilibrio sociale che permette e sanziona lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”, lo fa citando Jean Jaurès quando scrive: “il capitalismo porta la guerra come le nubi l’uragano”.
Questi pochi cenni servono – spero – per suggerire a chi legge la ricchezza di un testo che si sviluppa attorno alle vicende personali mai staccate dal panorama di una società (e oserei dire anche civiltà) descritta nelle sue dinamiche evolutive.
“Sotto il segno della pace” è anche un libro di storia sull’obiezione di coscienza in Italia; ed è un libro sul movimento del vegetarismo; ed è un libro sull’esercizio passionale della bibliofilia. Ma soprattutto è un libro che racconta e documenta con ricchezza di studi le vicende di una persona alle prese con una vocazione nettissima per la pace e il pacifismo: intendendo l’una come un oggetto di desiderio, l’altro come il percorso singolare e plurale verso di essa.
È insomma un libro che merita (senza condizionale) una ristampa e una ulteriore diffusione tra le nuove generazioni, in un’epoca presente che è connotata dalla guerra e che di pace e di pacifismo ha necessità.
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