Opera già pubblicata nel 2018 in versione originale e qui riproposta con la collaborazione di Chiara Carminati. Entriamo, attraverso un’illustrazione brulicante e vivida da un punto di vista cromatico, nel mondo intenso della relazione tra Pablo Neruda e la sua compagna Matilde. Sentiamo, cioè, due corde suonanti accordate amorevolmente e, al tempo stesso, in reciproco controcanto. Matilde, ha un ritratto di sensualità pratica e manuale, pregna di levità gioiosa, mentre Pablo è il poeta in ascolto sensoriale, ricettivo, voltato ai drammi sociali dell’umanità, alle piaghe delle troppe ingiustizie. Neruda viene presentato al tavolo della scrivania, curvo sulla pagina, staccato dalla natura, assorbito e incupito dalla tragedia in atto subita dai minatori. È lacerato dal loro sfruttamento, dalla mancanza di sicurezza nel lavoro, dalla loro povertà, dal loro tasso di mortalità. Matilde lo ama e gaiamente lo resuscita alla felicità ciclica della natura nelle sue manifestazioni vegetali. La cipolla incarna un gioiello tra tanti della dimensione vegetale. È proprio alla cipolla che Neruda, come Wislawa Szymborska, dedicherà una sua poesia, qui tradotta da Chiara Carminati.
Se da un lato non posso che elogiare un progetto che rimette a fuoco la poesia, portando il testo con autorevole traduzione, non posso altresì condividere la sua impostazione.
Mettere cioè in luce una contrapposizione di due esistenze coniugate, armonicamente complementari, e porgerla al pubblico dell’infanzia indicando indirettamente l’amenità spensierata di Matilde come esemplare e salvifica.
Mi sembra un modo semplificativo, riduttivo, superficiale. Di più. Toglie significato alla poesia nel momento in cui canta il dolore dell’umanità. E toglie il peso consistente di tutta la sensualità di Neruda sorta da quelle stesse sue corde. Aggiungo inoltre che riduce la donna compagna a una mera primavera di leggerezza, seppure con tutte le connessioni possibili, di fronte all’uomo come drammatico intellettuale e artista.
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