Mi è arrivato questo libro come dono da pochi giorni, perché conosco Paola Cavallari solo dai primi dell’ottobre scorso. È un libretto piccolo, denso, afferrato all’inizio e alla fine da prefazione e postfazione scritte con il cuore da persone che sanno entrare nella materia viva della poesia, senza stonare con parafrasi e commenti: Angelo Casati e Silvia Migliorati.

La copertina porta una riproduzione della Madonna del Parto di Piero della Francesca, custodita a Monterchi: Maria, al centro ha un viso giovane e assorto, una mano sul fianco sinistro e una mano che si appoggia sul rilievo di una avanzata gravidanza. Due angeli, piccoli rispetto alla maestà di Maria, le stanno accanto, aprono una tenda, la mostrano.

Se Piero ha dipinto questa pala alla morte della madre, l’autrice immagina che abbia voluto fermare il volto materno al momento della sua gestazione, in prossimità della sua nascita:

Nel cavo risucchio del grembo
Piero s’è avvolto: 
                             volo a ritroso
all’età
                            della liquidità 
                                  in un cibo di nulla mancante.

Nel Dialogo (tra Lei e l’Angelo) della seconda parte del poema (la prima è il Monologo sulla pala di Piero della Francesca) e nei quadri che lo compongono esce allo scoperto il dolore, l’infecondità del grembo e l’afasia della voce. Tuttavia, davanti all’immagine, qualcosa si apre, si ricrea e “dall’esilio da una gioia proibita” si inoltra verso “un nuovo volto dell’amore” e l’amore

Chiede
che si sappia cadere, ferirsi, 
                                                 rialzarsi.

Un itinerario che descrive, con l’autentica profondità del sentire, “del pensare che trattiene nei suoi pori il tesoro dell’esperienza”, le tappe di una metamorfosi, il duello e la resa, fino alla nascita, “età delle radici e delle ali”.