Alla Galleria Nazionale dell’Umbria la mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative”
Occasione imperdibile, la mostra “Un mare tutto fresco di colore. Sandro Penna e le arti figurative” ideata dallo studioso d’arte (e di cinema) Tommaso Mozzati e aperta fino al 14 gennaio 2024, ci riconsegna un grande perugino mai troppo celebrato e ci fa rivivere i fasti di un convegno di ormai 33 anni fa, quando in città arrivarono a parlare di Penna studiosi come (tra gli altri) Piero Bigongiari e Alfredo Giuliani, Enzo Siciliano e Cesare Garboli, Nico Naldini e Dario Bellezza, con Elio Pecora a curare la mostra “Sandro Penna. Appunti di vita”. Curata dallo stesso Mozzati insieme all’autorevole filologo penniano Roberto Deidier e alla dottoressa Carla Scagliosi, è così presentata da Marco Pierini, direttore della Galleria, in apertura del bellissimo Catalogo edito da Magonza: “Quando morì, chiuso da tempo in un volontario e caparbio isolamento, Penna conservava ancora tra le mura del suo appartamento romano centinaia di opere d’arte e moltissimi documenti, parte letterari e parte autobiografici. La mostra che gli dedichiamo oggi è una qualificata cernita di questo vasto materiale, che ci consente di accedere al suo mondo attraverso un varco da lui stesso tracciato e percorso”. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione dell’erede Letizia Coppotelli, pronipote del poeta, che ha messo a disposizione il prezioso archivio. Ma i curatori, come vedremo, sono andati oltre in questa impresa che ha riportato nel salotto del capoluogo umbro la voce e il volto di un grande lirico del Novecento.
Le opere d’arte
E’ ormai noto che Sandro Penna visse dell’affetto di amici generosi e della sua attività di mercante d’arte (e non solo). La sua mitologia personale, corroborata dalla dichiarata venerazione di Pier Paolo Pasolini nonché da Elsa Morante e dagli amici pittori della scuola romana d’avanguardia come Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, gli permise di godere di regali e commerci privilegiati, senza dimenticare, come ricorda Dino Buzzati in un articolo del 1962 dedicato a un’asta milanese, la sua natura di “compratore onnivoro” guidato da un gusto personalissimo e mai incanalato su mode e scuole di parte. Lui stesso si dichiarava povero in banca ma ricco di opere di una bellezza unica, non solo per motivazioni affettive. Così, nella mostra perugina si dispiega una collezione che ospita ritratti di Orfeo Tamburi (iconico il suo olio Sandro Penna a Villa Borghese del 1945, da coll.privata), Carlo Levi, Roberto Melli, Mario Mafai e Nazzareno Cugurra. Seguono poi opere quasi inaspettate come un Fattori, un Evola, Sironi e Carrà, una litografia di de Chirico e una di Picasso, una fotoincisione di Dalì, fino agli amati Spazzapan e de Pisis, Vangelli, Gentilini e Maccari, in parte conosciuti e sodali. E non mancano, ovviamente, Vespignani e l’amico Renato Guttuso, prima dell’ultima sezione in cui predominante è la presenza dell’avanguardia romana degli anni 60-70, con opere degli amici che lo filmarono e lo fotografarono, anche insieme a una giovanissima Isabella Rossellini, e cioè Mario Schifano, Franco Angeli e Tano Festa. Insomma, uno spaccato della vicenda artistica romana della fase centrale del secolo scorso si apre ai nostri occhi attraverso stili diversi e memorie struggenti.
Documenti testuali e fotografici
Le teche centrali delle varie sale ci offrono la testimonianza dell’officina penniana. Pur non essendo questa la parte più originale dell’esposizione, per molti sarà un’occasione per vedere alcuni manoscritti importanti: dal diario degli anni Venti alle poesie Sole senz’ombra su virili corpi e Mi avevano lasciato solo, alla stesura con varianti di Se la notte d’estate cede un poco e di Ero per la città quasi un comune fino alla fondamentale, imprescindibile La vita… è ricordarsi di un risveglio datata ‘Porto San Giorgio, 24 agosto 1928’ e scritta a matita. Non mancano altre liriche dattiloscritte, a volte corrette a penna, così come lettere manoscritte degli amici pittori Osvaldo Licini, Filippo de Pisis, Orfeo Tamburi e Renato Guttuso. Sono presenti infine alcune rare edizioni di opere come Un po’ di febbre e plaquettes pubblicate a tiratura limitata, sempre arricchite da incisioni e disegni di amici prestigiosi.
L’apparato fotografico è consistente ed è reso suggestivo da alcune gigantografie ormai storiche, come la famosa foto di Irving Penn al Caffè Greco a Roma nel 1948, con la presenza di personaggi come Palazzeschi, Levi, Welles, Flaiano, Brancati e Sandro Penna in piedi sulla destra. Detto questo, risultano però poco viste altre sessioni fotografiche come quelle nella casa del poeta in Via Mola dei Fiorentini a Roma scattate da Franco Angeli, con Isabella Rossellini, Raffaele Cedrino e Penna con il suo cane lupo, nonché le foto di Sandro Becchetti che ritraggono il poeta, scarmigliato, in mutandoni e maglia di lana, nella sua disordinata camera da letto. Sono foto del 1972, un chiaroscuro di grande impatto e malinconia; eppure quello era un regno per noi indecifrabile, abitato da un sovrano lontano dai nostri codici borghesi e, come scrisse Cesare Garboli, “prigioniero della felicità”.
Il comparto audiovisivo
In coda alla mostra il colpo d’ala dei curatori, che va oltre l’archivio penniano ed è il frutto di ulteriori ricerche e concessioni di diritti: la sala di proiezione. Dopo un corposo repertorio fotografico che scorre sulle parole al magnetofono di un Sandro Penna che parla di arte e artisti da par suo (cioè con assoluta libertà di giudizio), la successione dei filmati è una vera chicca per chi è alla ricerca di materiali cinematografici o televisivi smarriti nella memoria, visti e scomparsi dalla circolazione. Con l’eccezione dell’estratto del film di Mario Schifano Umano non umano, oggi reperibile in DVD e visibile anche su youtube (ma le foto del backstage e il trattamento originale del film appaiono qui per la prima volta), per circa un’ora scorrono sullo schermo materiali imperdibili per provare a rivivere l’esperienza dell’incontro con il poeta, umano e “oltreumano”. In successione, vediamo due brevi documenti di Settimane INCOM del 1947 e del 1951, con Penna presente tra poeti e botteghe di pittori e una mostra personale di Maria Grazia Bornigia; la splendida e rara intervista-documentario di Jean-Claude Biette del 1968, IDI Cinematografica, della durata di circa 14 minuti, nella quale il poeta, seduto sul letto, parla a ruota libera di sé e degli altri riconoscendo i suoi debiti con Saba e l’ammirazione per il dimenticato Cardarelli; la altrettanto preziosa intervista realizzata da Ippolito Pizzetti per la Radiotelevisione Svizzera nel 1969, dal titolo Incontri. Fatti e personaggi del nostro tempo: Sandro Penna o la vita come poesia (durata circa 24 minuti): a distanza di alcuni mesi Penna parla sdraiato sul suo storico letto, da cui placidamente riversa le sue piccole malignità e i suoi netti giudizi con candore fanciullesco, ribadendo la sua inattualità; infine, l’estratto da RaiTeche a mia memoria mai trasmesso dopo il 1977, La mosca e il miele: Sandro Penna di Claudio Barbati e Francesco Bortolini (durata circa 9 minuti), esempio di una televisione dai ritmi lenti, dosati tra parole e immagini mute, ormai tristemente scomparsa.
Al termine del percorso, si esce dalla Galleria con una cara presenza accanto e un’emozione prolungata, quella di aver rivissuto una storia irripetibile, l’avventura di un grande poeta nato a pochi passi da noi e da molti di noi dimenticato. E riaffiorano quei versi:
Io non guardo nessuno e guardo tutti.
Un sorriso raccolgo ogni tanto.
Più raramente un festoso saluto.
Ed io non mi ricordo più chi sono.
Allora di morire mi dispiace.
Di morire mi pare troppo ingiusto.
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