Nel 1942 fu pubblicato il testo lirico di Brecht. L’opera si riferisce ai tragici fatti accaduti in Polonia nel 1939: nel massacro, l’esodo di cinquantacinque bambini polacchi, tedeschi, ebrei, rimasti orfani e dispersi, in cerca di un luogo di pace.
La poesia riprende in risonanza anche un fatto storico accaduto nel medioevo tra il giugno e il settembre del 2012, dove un gruppo di bambini e ragazzi attraversa l’Europa per andare in Terra Santa, morendo chi di stenti, chi nel naufragio, chi venduto agli arabi. Ciascuno di loro in cerca di condizioni migliori nella disperazione affamata che li abitava.
Bertold Brecht, (1898/1958), drammaturgo, poeta, regista teatrale e saggista tedesco, fondatore del teatro epico, canta senza rima il cuore del lutto nella violenza. Nel fulcro della tragedia, i bambini creano tra loro solidarietà, il significato dell’accoglienza, della compassione, della fame condivisa, dell’esodo, della labirintica ricerca per una via di salvezza. Affidato al collo di un cane, il loro grido scritto: “Ci siamo perduti/Venite a prenderci, per carità! Siamo cinquantacinque bambini,/ il nostro cane vi guiderà.//Sa dove siamo e a quale distanza./non gli sparate:/se muore lui/non abbiamo speranza.”
Non c’è lieto fine. Il cane è morto di fame così come, nella neve, tutti i bambini.
L’asciutta tensione drammatica del testo di Brecht indica non solo la banalità feroce del male, della guerra, di ogni violenza e, al tempo stesso, le prime vittime indifese che ne sono travolte, i bambini appunto, ma anche una capacità espressiva lirica che oltre ogni retorica e sublimazione affonda in tematiche forti e, purtroppo, ancora oggi attuali. Oggi, dopo ottanta anni, difficilmente riusciamo a raggiungere questo registro lirico da porgere al pubblico giovane e giovanissimo.
Un encomio va alla casa editrice, solita a lavorare la penna autorevole di scrittori e scrittrici come Maria Attanasio, Oreste Del Buono, Heinrich Boll, Dino Buzzati, Andrea Camilleri, Stefano Benni, Walter Benjamin.
In quest’opera, l’illustrazione eccezionale è firmata dalla spagnola Carme Solé Vendrell. Con carboncino, il nero crea i volti, dettagli del paesaggio immerso nel bianco della neve. Con velocità essenziale fa sporgere queste figurine nella tormenta, segue il passo, l’impronta perfino del cane nel nulla.
Intelligente il cambio del carattere tipografico per esaltare versi come veri e propri occhielli significativi. Due soli rossi schizzano come urla di sangue.
Invito a sentire su YouTube la canzone di Vinicio Capossela, che riprende lo stesso poema.
Ma, soprattutto, ricordo l’opera omonima di Benjamin Britten n.82, eseguita per la prima volta in una versione inglese nella Cattedrale di San Paolo a Londra il 19 maggio 1969, per coro e parti di solista, eseguita unicamente da un coro di bambini con orchestra di tastiera e percussioni. È rintracciabile sempre su YouTube.
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